Nureyev - The White Crow: il racconto di una scelta dolorosa

Non è un biopic, ma un film che prende spunto da un fatto reale per raccontare la storia della decisione di un uomo

 

Manifesto del film con il volto di profilo di Oleg Ivenko

 

Ho visto il film nel cineforum proposto da Sala Argentia di Gorgonzola, circa sei mesi dopo la sua uscita ufficiale.

Questo per dire che non sarei mai andato a vedere un film del genere, se non perché proposto all'interno di un cineforum di cui mi fido. Il fatto è che il balletto proprio non è nelle mie corde e, anzi, scatena i miei pregiudizi peggiori.

Per mia fortuna, non è un film sulla danza. E non è neppure un film biografico su Rudolf Nureyev. È la storia della decisione che Nureyev ha dovuto prendere nel 1961: chiedere asilo politico in Occidente per seguire la sua vocazione di ballerino e rinunciare così alla sua patria e alla sua famiglia, lasciando oltretutto quest'ultima alla mercé della ritorsione del governo sovietico.

Clicca sull'immagine sottostante vedere il trailer italiano.

Primo piano di Oleg Ivenko, l'attore che interpreta Nureyev, mentre danza

La storia di Nureyev è raccontata decentemente

Le due ore del film scorrono tranquille: il film si fa guardare con interesse e riesce a tenere desta l'attenzione per tutto il tempo. Non è un capolavoro, ma è ben girato e ben recitato.

Io non mi sono mai annoiato, anche se il mio vicino un paio di volte si è appisolato.

Come mia abitudine, non sto a raccontarti il film o farne una critica cinematografica: in Rete puoi trovare contributi di persone più qualificate di me.

Voglio però farti partecipe del mio stato d'animo quando i titoli di coda sono terminati.

Quella di Nureyev è una decisione davvero dolorosa

Tutto il film è costruito per portare lo spettatore ad essere partecipe della decisione di Nureyev di chiedere asilo politico in Francia, durante una tournée in occidente della compagnia.

Non è una decisione ponderata, ma presa al momento sulla spinta dell'eventualità (molto concreta) di essere rimpatriato forzatamente a causa della sua insofferenza verso le regole e le restrizioni del governo sovietico.

Nureyev si rende conto che questo è un passo senza ritorno: significa dire addio per sempre alla sua patria e alla sua famiglia (esponendo quest'ultima alle possibili ritorsioni politiche). Ciononostante, la sua vocazione per la danza è troppo forte.

Nel film, Nureyev è dipinto come un autentico egoista. Riesce a vedere solo il suo intento, senza rendersi conto né della situazione generale né della sensibilità delle persone che gli sono accanto. Insomma, ci fa un po' la figura dello stronzetto.

Tuttavia, è ingeneroso trattarlo come tale. Dal mio punto di vista, è più ingenuo che stronzo (benché il suo carattere difficile e insofferente sia stato sempre sottolineato), ma in ogni caso occorrerebbe trovarsi nella sua situazione: qualunque sia la decisione, significa rinunciare a una parte importante di sé.

È questo aspetto che ne fa una decisione dolorosa; anzi, direi proprio straziante.

Ecco, dal mio punto di vista è proprio questo ciò che il film racconta: il dolore di una scelta che obbliga a rinunciare a qualcosa di importante.

Alcune cose non dette

Se devo trovare qualche difetto nella costruzione del film, direi che ci sono alcune cose non dette e che mi hanno lasciato stupefatto.

Innanzi tutto, la figura del padre di Nureyev. Nel film non si capisce che rapporto Rudolf abbia con suo padre, né quale sia il senso della scena in cui il piccolo Rudolf rimane solo nel bosco. Sembra addirittura che il padre l'abbia abbandonato apposta per farlo morire al gelo, anche non è così.

In secondo luogo, mi sembra che i pensieri e i vissuti di Nureyev siano sempre rimasti ben nascosti. Mi sarebbe piaciuto che fossero esplicitati un po' di più. Io, che di Nureyev non conoscevo praticamente nulla prima di vedere questo film, non sono riuscito a farmi un'idea chiara del perché sia diventato la persona che è diventato.

Per saperne di più

Se vuoi avere maggiori notizie, ti consiglio di ricorrere a Wikipedia:

 

So bene che non è un problema della danza: è un problema mio. Ma non posso farci niente, se non accettare che per me la danza è un universo che non capirò mai.


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