Samuel Stern 18: Nella gabbia. Un'interpretazione personale
Quanto conta un papà? E a che cosa sei risposto a rinunciare per avere l'illusione di riaverlo con te?
Questa recensione sarà diversa da tutte le altre che ho fatto di Samuel Stern. Se è un po' di tempo che segui il mio blog, sai già che le mie recensioni sono molto personali: non parlo di ciò che l'autore vuole dire per il tramite dell'opera ma parlo di ciò che l'opera dice a me.
In pratica, parlo di me. Non dell'opera.
Credo che questo sia l'unico modo onesto di parlare di un'opera, visto che non conosco personalmente gli autori e non so che cosa abbiano avuto in testa quando hanno prodotto l'opera.
Per il numero 18, intitolato Nella gabbia, ho portato alle conseguenze estreme questo modo di operare, creando io stesso un'opera derivata che nasce dalle sensazioni che la lettura di Samuel Stern ha suscitato in me.
Sia ben chiaro: si tratta di sensazioni mie, che nascono dalla mia storia e dalla mia sensibilità. Sono perciò quanto di meno oggettivo si possa trovare in giro. Nondimeno, ho la presunzione che questa mia opera derivata possa essere interessante per te. Ti invito a farmi sapere se è stato davvero così o se avrei fatto meglio a preparare un altro sugo ai peperoni.
La morte di papà
La trama verte sul tentativo di Joe McGregor di vendicare la morte di suo padre Ray, un pugile ucciso sul ring da Marlon Baeck. Questi è un pugile molto determinato che, si scopre, è guidato da un demone. per sconfiggerlo, Joe si allea anch'egli con un demone. Scopre però che la vendetta non riempie il vuoto.
Questa è, in soldoni, la trama.
All'interno di questa trama operano Samuel Stern in veste di demonologo e padre Duncan in veste di prete. Fin qui, è un albo come tutti gli altri.
Ma a me hann colpito i temi che non vengono discussi, anche se la storia ne è letteralmente impregnata.
Lasciamelo dire con parole mie...
Ritorno a casa
Che cosa resta quando papà muore?
Resta il vuoto
La rabbia
Un viaggio nella notte
Senza appartenere ad alcun posto
È possibile tornare a casa?
Mi sono ritrovato empaticamente legato a Joe McGregor, al suo vuoto che nasce da una relazione spezzata, alla rabbia sorda e persistente, alla sua ricerca di un senso e di una vendetta, alla sensazione di non poter poggiare il capo per riposare.
Allora ho fatto un video.
Ritorno a casa: il video
Il video è una ripresa accelerata di un vero ritorno a casa nella notte. Per me, è stato molto di più di un mero ritorno a casa, perché concludeva un percorso personale molto difficile.
L'ho accompagnato con la canzone C'est la vie, di Stereophonics, di cui ho evidenziato il ritornello We don't belong anywhere.
Ho inoltre inserito in sovrimpressione alcune frasi che la lettura di Nella gabbia mi ha suggerito.
Infine, ho corredato queste frasi con alcune vignette tratta dall'albo. Queste vignette sono stare manipolate da me, in modo da renderle privarle dello sfondo e colorarle di rosso. Non sono molto comprensibili, in sovrimpressione sul video... Ma questo effetto è voluto, perché devono suggerire una sensazione e non farsi leggere.
Un po' di recensione
Mi rimangio (solo un poco) ciò che ho detto all'inizio e termino questo articolo facendo un po' di recensione classica.
La storia mi è piaciuta troppo, perciò gli autori sono tutti bravissimi.
Bravissimo Marco Scali, che ha curato i testi e la sceneggiatura.
Bravissima Ludovica Ceregatti, che ha disegnato l'albo.
Ma vorrei soffermarmi sulla copertina: sono stato sempre molto critico sulle copertine di Samuel Stern. Ma questa, nella sua semplicità, mi piace proprio.
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