Samuel Stern: vale la pena leggerlo?
Dopo sei mesi di pubblicazione, mi posso legittimamente chiedere se Samuel Stern mi piaccia davvero oppure no. E scopro che ci sono luci ed ombre. E che comunque i quattrini che passo al mio giornalaio non sono sprecati. Ecco perché
Devo ammettere che ho ingollato l'esca con tutto l'amo.
Dopo la frase a effetto, lascia che ti spieghi di quale esca si tratta... Forse sai che di Samuel Stern ho già parlato nell'articolo Samuel Stern: un nuovo incubo che parla di persone. Ebbene, l'altro ieri (il 23 aprile 2020) ricevo un'email dall'Ufficio Stampa BUGS Comics contenente in anteprima il numero 6 (che uscirà il giorno 28 e che si intitolerà Valery) e la richiesta di essere informati circa un'eventuale recensione.
Il mio smisurato ego non può fare a meno di interpretare questo gesto come un apprezzamento del lavoro precedente, perciò il mio stato d'animo è stato subito ben disposto a parlare nuovamente di Samuel Stern.
Sicuramente la realtà è diversa: l'Ufficio Stampa non ha fatto altro che il suo lavoro, cioè ricercare l'attenzione dei media che già si erano dimostrati sensibili per promuovere nuovamente la pubblicazione.
Ma, come dicevo, avevo già abboccato, inghiottendo esca, amo, lenza, canna e mulinello.
Tuttavia, è anche vero che sto facendo lo sborone: l'email dell'Ufficio Stampa è stata solo l'evento scatenante di una decisione che già meditavo, più o meno consciamente; perché in effetti qualcos'altro da dire su Samuel Stern mi gorgoglia in pancia.
Lo sviluppo delle trame
La lettura di Samuel Stern richiede un abbandono e una dedizione completa: la storia va seguita (direi partecipata se volessi usare un termine alla moda) con attenzione totale, poiché non credo sia possibile leggere questo fumetto mentre si tengono sotto controllo le chat di Whatsapp o si guarda la partita in TV.
La trama è infatti complessa e richiede comprensione; se la si segue solo superficialmente si corre il rischio di non gustare alcuno dei sapori di Samuel Stern. Anzi: probabilmente si bollerebbe la storia come solenne minchiata.
E qui vengono le dolenti note. Purtroppo, sembra che ci sia sempre meno posto per le storie che richiedono un'immersione totale, siano esse fumetti, film o libri. Pare che siamo destinati a dover per forza fare almeno cinque cose contemporaneamente e che a ognuna non si possa dedicare più di qualche minuto.
Per questo motivo, in una popolazione di persone con il fiato corto, le opere di grande respiro hanno vita difficile.
Forse il problema sono io, che sembro appassionarmi solo a ciò che, sul mercato, esiste solo per il tempo di un battito di ciglia... Per restare nel campo dei bonellidi, dall'immortale Ken Parker al più recente Mercurio Loi. Fumetti osannati dalla critica ma che non hanno retto la prova del mercato. Non vorrei portare sfiga... Se fossi uno degli autori, non esiterei a toccarmi!
La trama sotto le trame
Come ho detto nel mio primo articolo, Samuel Stern parla di persone, non di horror. Mi fa molto piacere che questo approccio sia stato ribadito più volte dagli autori (l'ultima, da Gianmarco Fumasoli nell'editoriale del numero 5), perché è un taglio davvero originale. In pratica, si usa la demonologia per mostrare l'orrore in cui può precipitare l'esistenza delle persone di oggi.
Gli autori partono da un presupposto, svelato proprio nel numero 6: "i demoni non sono entità autonome, ma li costruisce ognuno di noi".
Questo è rivoluzionario, almeno per un fumetto. Almeno, per la conoscenza che ho io dei fumetti...
Le pagine 10 e 11 del numero 6 esplicitano ancora meglio come i demoni interiori possano prendere possesso di ognuno di noi. Clicca sulla galleria per aprirla.
Questo è davvero interessante: per portare una persona nell'horror non è necessario un evento traumatico o una epica lotta tra bene è male... È sufficiente la solitudine.
E in futuro come si svilupperà la storia?
Tra le pagine di Samuel Stern faremo conoscenza con la versione terzomillenio del demone del gioco, del demone della droga o del demone del dominio?
Credo che sarebbe un punto di vista interessante: trattare questi temi (vecchi come il mondo) da un punto di vista demonologico. Chissà se gli autori stanno già lavorando in questo senso...
Il vero inferno
Ma c'è un altro indizio che ci fa capire che l'approccio di Gianmarco Fumasoli e da Massimiliano Filadoro non è solo un bieco "sbatti il mostro sulla pagina".
Che cosa succede quando una persona viene liberata dalla presenza demoniaca che portava dentro di sé?
Questa persona può sopportare il vuoto che viene creato? Può sopportare il sentirsi svuotata?
Queste domande, in un contesto di fumetto horror, possono tranquillamente essere bollate come scemenze. Tuttavia (e ti prego di non dimenticare che sono counselor analitico-transazionale) hanno un'importanza rilevante nella vita quotidiana delle persone. Ti faccio due esempi:
- una persona non riesce ad abbandonare il proprio partner nonostante lo riconosca come tossico e pericoloso per sé
- una persona riesce a stare a dieta per un po', ma poi riacquista tutta la ciccia che aveva perso.
Qual è il problema?
Che togliere non è mai la soluzione. Occorre sostituire qualcosa di negativo con qualcosa di positivo.
Ciò che mi fa star bene sono gli aspetti positivi di me che vivo, non quelli negativi che non vivo.
Spero che anche questo fatto, che per ora è stato solo accennato, venga trattato da Samuel Stern nei prossimi albi.
Una novità nella sceneggiatura
Il numero 6 per la prima volta non è stato sceneggiato da Gianmarco Fumasoli e da Massimiliano Filadoro, ma da Luca Blengino, che ha curato anche il soggetto e che non fa rimpiangere i creatori del personaggio.
Sarei curioso di sapere se gli effetti di alcune vignette (come il grandangolo mostrato sotto o la scritta Cretina nella parte superiore di pagina 37) siano dovuti alle indicazioni dello sceneggiatore o sono un'iniziativa del disegnatore.
A proposito di disegni...
La varietà dei disegni
Se i testi si dimostrano coerenti e ben ancorati al loro continuum interno, i disegni sono invece molto vari. Non potrebbe essere diversamente, visto che i 6 numeri finora usciti (compreso quello che uscirà a giorni) sono stati disegnati da sei mani differenti.
I disegni del numero 1 e quelli del numero 6 sono due galassie completamente diverse. Quelli di Riccardo Randazzo per il numero 6 hanno a mio parere un tratto ancora acerbo, legnoso. Ma hanno una certa inventiva, che tuttavia dovrebbe essere più disciplinata e sciolta per poter dispiegarsi in tutta la loro efficacia.
In generale, e non solo per il numero 6, è l'uso dei neri che non mi convince molto: li trovo troppo invasivi (spesso a sproposito) e troppo piatti. Ma non è possibile fare un discorso generico, dato che gli artisti che si sono avvicendati sono davvero troppi, ognuno con i suoi punti di forza ed i suoi limiti.
In ogni caso, attendo il ritorno di Luigi Formisano.
Le copertine
Come ho detto nel mio articolo precedente, le copertine non mi convincono molto. Quella di questo numero 6 è tuttavia migliore delle altre: più evocativa e meno scontata.
Spero non sia solo un episodio fortunato.
Una cosa che proprio non mi piace
Approfitto di questo articolo per condurre la mia donchisciottesca battaglia contro una forma che aborro (grazie, Giampiero!) e che ho sciaguratamente trovato a pagina 7 del numero 5.
Il dottor Anderson chiede al paziente: "Posso chiamarla Mike?". E poi lo chiama per nome, ma dandogli del lei.
Questa è una forma assurda che nessuno in Italia usa e che qualcuno ha inventato per tradurre malamente un testo inglese.
In Italia diciamo "Posso darti del tu?", e poi chiamiamo l'interlocutore con il nome di battesimo dandogli del tu. Questo è esattamente il senso della forma inglese, quando si chiede all'interlocutore se lo si può chiamare per nome.
Quindi, per favore, che il tu sia tu con il nome e il lei rimanga lei con cognome.
A proposito del dottor Lucius Anderson
Il personaggio del dottor Lucius Anderson, nella rappresentazione grafica di Luca Colandrea è davvero inquietante. L'idea di rendere del tutto opache le lenti degli occhiali è un piccola genialata.
Peccato che il dottor Anderson sia morto: a mio parere sarebbe potuto diventare una presenza importante nella serie.
Una precisazione finale
Come vedi, questo articolo nasce dall'email relativa al numero 6, ma non è una recensione del numero 6.
È invece un discorso più ampio su Samuel Stern. Spero che tu lo abbia trovato interessante. Puoi lasciare un commento usando il modulo a fine pagina.
È, nel caso tu non lo avessi capito, sì: vale la pena di leggerlo.
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