Diabolik: nel covo del re del terrore
Mio nipote è un appassionato lettore di Diabolik. Per il suo undicesimo compleanno l’ho portato a visitare la redazione
Dopo Tex e Zagor, Diabolik è il più longevo personaggio a fumetti italiano. Vide la luce nel 1962 e fu caratterizzato immediatamente come fumetto per adulti, perché essendo manifestamente un criminale e un assassino, rompeva la tranquillità delle sicurezze benpensanti e non rientrava nell’accezione comune di fumetto. Se negli USA il fumetto è nato come strumento comunicativo destinato agli adulti (con temi legati alla politica e alla società), quando è stato importato in Italia è stato drasticamente snaturato e imposto come forma stupida di intrattenimento destinata ai fanciulli. Da questo giudizio cieco e limitante il fumetto non si è mai totalmente ripreso, al punto che ancora oggi il termine fumetto è usato talvolta con il significato di cosa fatua. Ed è lo steso pregiudizio che porta a considerare I Simpson come un prodotto per bambini solo perché è un cartone animato, quando negli USA è stato concepito per parlare agli adulti.
Tornando a Diabolik, con il tempo il personaggio si è un po’ ingentilito. Certo, uccide ancora, ma non lo fa più in modo gratuito ed è anche capace di atti di misericordia.
Che cosa c’entra tutto questo con mio nipote?
Be’ se dopo sessant’anni la testata esce ancora in edicola (e, anzi, si sviluppano e si ampliano progetti collegati, tutti di buon valore), vuol dire che c’è un ricambio generazionale dei lettori. In altre parole, che la testata riesce a catturare l’interesse di nuovi lettori. Uno di questi è mio nipote, che dall’alto dei suoi undici anni, è preda affascinata di questo personaggio che riunisce in sé determinazione, potere, sicurezza di sé e anche un certo animo romantico, legato com’è al grande amore della sua vita: Eva Kant.
Un regalo di compleanno particolare
Pensando a un regalo per il compleanno di mio nipote, pensavo che mi sarebbe piaciuto offrirgli qualcosa che non solo gli piacesse davvero, ma che fosse anche legato strettamente a me, allo zio Claudio. E così ho ragionato sulle passioni di mio nipote: della pesca non ne so nulla, ma dei fumetti sì, perbacco!
Perciò mi sono deciso ed ho contattato la casa editrice Astorina, che pubblica Diabolik. Ho chiesto se in occasione del compleanno di mio nipote fosse possibile accompagnarlo a visitare “il covo” istituzionale di Diabolik e a parlare con i redattori e con il direttore, Mario Gomboli.
Sono stati davvero gentili e non mi hanno fatto alcuna difficoltà.
Cosicché, in una mattina che vedeva mio nipote autorizzato ufficialmente a bigiare la scuola, l’ho portato al suo regalo di compleanno. Mio nipote non sapeva dove stavamo andando e quando siamo entrati nel portone gli ho detto solo di stare molto attento perché stavamo per conoscere un noto criminale.
«Mi sento un po’ impaurito» mi ha detto al momento di suonare il campanello.
Tratteniamo per un momento il dito sul campanello e lasciami descrivere l’ambiente.
La sede di Astorina è a Milano, in via Boccaccio. È una via che, pur non essendo centralissima, fa senz’altro parte della Milano-bene. Come se si trattasse di un vero rifugio di Diabolik, all’esterno non c’è praticamente alcuna indicazione che si riferisce al personaggio e, per raggiungere la redazione, abbiamo dovuto chiedere al portiere.
Si tratta di un riserbo che, personalmente, ho apprezzato molto. Apprezzo chi si fa pubblicità con la qualità del proprio lavoro anziché con le insegne luminose, perciò ho suonato il campanello già ben disposto.
Driiiin!
Quando la porta si è aperta e mio nipote ha visto Diabolik che lo guardava da ogni dove (sagome, manifesti, cartoline, fumetti e tutto l’immaginabile) e ha sentito che eravamo nella redazione, lì dove il suo personaggio italiano preferito nasceva ogni mese, gli si sono spalancati gli occhi.
Siamo stati accolti dapprima da Raffaella Busia (architetto, è il direttore artistico e la responsabile del settore mostre e fiere) che ci ha spiegato a grandi linee come nasce un albo a fumetti: soggetto, sceneggiatura, matite, chine, revisione.
Poi ci ha presi in consegna Licia Ferraresi, che cura la supervisione dei soggetti e delle sceneggiature.
Licia ha portato mio nipote nella sala dei trofei: è una stanza in cui è raccolta una parte dei premi che la testata si è guadagnata e alcuni degli innumerevoli gadget o prodotti legati a Diabolik.
Mio nipote non aveva abbastanza occhi per tutto, ma in particolare era affascinato dal pugnale di Diabolik: in realtà, sono un po’ preoccupato...
Abbiamo trascorso in compagnia di Licia un’ora buona, durante la quale ci ha raccontato in dettaglio del lavoro di redazione, dei capisaldi che reggono l’ideazione di una storia, dei confronti tra gli autori e tra i redattori. Ci ha anche svelato che per evitare il più possibile di ripetere i trucchi tecnologici di cui Diabolik si serve, hanno un apposito database informatico organizzato per parole chiave. Per esempio, inserendo la parola chiave parabrezza vengono richiamate le descrizioni di tutti i trucchi che in qualche modo hanno riguardato il parabrezza.
Licia è stata inoltre sempre gentile e disponibile: ha risposto a tutte le domande di mio nipote (e anche alle mie) e addirittura ha recitato la parte non del ladro ma di babbo natale: mio nipote è uscito infatti con una borsa contenente fumetti, cartoline, un calendario e una maglietta.
Non è stato purtroppo possibile parlare con Mario Gomboli, perché è dovuto recarsi a Roma per una causa riguardante episodi di contraffazione di materiale legato a Diabolik. Già, occuparsi di un personaggio famoso significa anche aver a che fare con queste cose...
Due parole per concludere
Mio nipote mi ha detto che questo regalo gli è piaciuto moltissimo. Bene, ne sono contento.
In verità, è piaciuto anche a me, al punto che ho dovuto frenarmi tantissimo per non correre il rischio di trasformare il regalo per mio nipote in un regalo per me: mi sarebbe piaciuto molto parlare con Licia di alcuni aspetti riguardanti la costruzione di un albo (e un paio di domande gliele ho pure fatte), ma ero lì per mio nipote. E perciò ho trattenuto la mia curiosità.
Ora qui desidero però dire una cosa.
Io avevo smesso di leggere Diabolik tanti e tanti anni fa, quando le storie erano diventate sempre uguali, con Diabolik che programma un colpo, lo mette in atto, qualcosa va storto, c’è la fuga precipitosa, il trucco ingegnoso che permette di seminare Ginko, e la vignetta finale con Diabolik ed Eva che si abbracciano sorridenti guardando al bottino. Eccheppalle!
Da qualche anno, però, le cose sono cambiate. Le storie sono nuovamente originali, senza copione stereotipato. C’è stato il coraggio di fare entrare forze nuove in redazione e di accogliere nuove idee. Ma, nello stesso tempo, non si è ceduto di un millimetro sulla cura del lavoro.
È questa la cosa che mi ha impressionato più di tutte: che la cura e la meticolosità che intuivo leggendo le storie le ho proprio riviste e respirate in redazione: «Facciamo solo Diabolik» ha detto Licia Ferraresi. E dentro questa frase io ci ho visto non solo la competenza ma anche la determinazione a farlo bene.
Così ho ripreso a leggere Diabolik. Dapprima saltuariamente, poi più spesso. E poi mi sono arreso alla passione e ho chiesto al mio giornalaio di tenermene da parte una copia ogni mese. E lo stesso per la collana Il grande, in formato gigante.
Due note
In questo articolo, non faccio il nome di mio nipote, né fornisco altri dettagli. È minorenne e il mio è un piccolo gesto di prudenza.
Il disegno degli occhi di Diabolik e il logo di Diabolik sono di proprietà di Astorina srl e sono qui utilizzati come semplice decorazione di un articolo riguardante un avvenimento nei locali della stessa Astorina srl. Per tutte le informazioni su Diabolik, visita il sito ufficiale.
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